Coordinamento
Ambientalista chiede le dimissioni di Spaziante
37
milioni per un Palazzo del Cinema che non c'è
Spiagge
e Porto Turistico - Paolo Fumagalli
Lido
- Ripristinare le procedure democratiche
Rilancio
Lido sì, distruzione peatrimonio culturale no - Daniela Milani
Caro
Sindaco ti scrivo
Caro
Ministro ti scrivo - Salvatore lihard
Un'offferta
per la Favorita - Salvatore Lihard
Il
Lido ci ha attraversato ! il Lido ci atttaversa ancora - Luca Ferrari
Povero
Lido - Paolo Fumagalli
Palacinema
- E' ora di dire basta - William Pinarello
Palacinema
- una deriva progettuale
Parole
e progetti sul Parco delle Rose e Porto turistico
Lido
- Il furturo è l'ecoturismo - Luca Ferrari
Lido
- Storie di urbanistica commissariata
Lido
- Sotto il Palazzo il Forte - Luca Ferrari
Intervista
a Salvatore Lihard
Il
Palazzo che imbarazza la mostra
Quel pasticciaccio brutto
del Lido
L'assalto al Lido di
Venezia
cemento all'ombra della cricca
Una voragine al
posto dello storico bosco e lavori fermi: è quello che resta del
progetto per il Nuovo Palazzo del Cinema. Avviato al solito in
"emergenza" dal vice di Bertolaso. E per finanziare l'opera si stanno
svendendo gioielli della laguna, dove costruire ancora
VENEZIA - Colata di
cemento al Lido ma il Palazzo del Cinema è fermo
Oltre
il Giardino
LIDO ISOLA D'ORO
E' del 15 luglio 2009 l'ordinanza di Protezione civile che
stabilisce che «il commissario delegato assuma le iniziative e adotti i provvedimenti necessari
occorrenti per la realizzazione di ogni altro
intervento al Lido di Venezia, collegato e/o connesso con
la costruzione del nuovo palazzo del cinema». La firma è di Silvio Berlusconi, il commissario
risponde al nome di Vincenzo Spaziante,vice di Guido Bertolaso
LEGGI
TUTTO IL SERVIZIO
|
LA CITTA' DEL COMMISSARIO AL
NULLA
di Robero Bianchin
4.09.2011
I GRANDI PROGETTI PER
IL LIDO
ED IL PRIMATO DELLA POLITICA
di Francesco
Giavazzi 24.07.2011
LE MANI SULLA CITTÀ: L'INDEGNA
STORIA DEL LIDO DI VENEZIA
di Francesco
Giavazzi 27.06.2011
Per finanziare la
costruzione a Venezia di un nuovo Palazzo del Cinema da cento milioni
(iniziali) è stata concepita una complessa operazione immobiliare con
la dismissione di un vecchio ospedale, anomalie e procedure poco
trasparenti, nomina di un commissario governativo e aste vinte dalle
aziende che già costruiscono le dighe del Mose.
CONTINUA
L'ARTICOLO
PATRIMONIOSOS
- LIDO DI CEMENTO
di Raffaele Liucci
Se
Gustav von Aschenbach, il protagonista di Morte a Venezia, potesse un
giorno non remoto risorgere e far ritorno al Lido, si sparerebbe un
colpo di pistola alla tempia.
CONTINUA
L'ARTICOLO
IL GRANDE CINEMA RESTA SENZA PALAZZO
Finisce
(male) la storia italiana del nuovo progetto al Lido di Venezia.
L'edificio non sarà costruito, lo ha deciso il ministro Galan, dopo che
sono stati spesi 30 milioni di euro. Ai privati un mega «porticciolo»
in Laguna .
TONI
JOP - VENEZIA
VENEZIA
-
AFFARI PRIVATI IN COSA PUBBLICA
Sarebbe patrimonio dell'umanità,
Venezia. E' una città-gioiello che
l'Italia dovrebbe tenere cara, e preservare. Invece no.
CONTINUA
L'ARTICOLO
– 12 luglio 2012Pubblicato in: Germania, SvizzeraTraduzione di ItaliaDallEstero.info
Chi possiede davvero la città lagunare? Benetton, Prada o i cinesi?
Da quando Venezia ha scoperto la privatizzazione predomina la svendita.
Poco importa che siano palazzi, l’ospedale o le isole. Si vende tutto.
Di Petra Reski
Al mattino Venezia appartiene ancora a se stessa. Quando la volta del
cielo sulla città si riempie di nuvole rosa porcellana e non si ode
null’altro che il fruscio delle scope sul marmo, le grida dei rondoni e i
propri passi. Stavo sul molo del ponte di Rialto, era uno di quei rari
momenti in cui il Canal Grande se ne sta lì come un vassoio d’argento e i
Palazzi della Riva del Vin si rispecchiano nell’acqua. Nessun vaporetto
che passava, nessun taxi che attraversava il canale, in lungo e largo
per il canale non si intravedeva nemmeno una gondola, persino le barche
della spazzatura non navigavano ancora. Ho dato un’occhiata a destra e a
sinistra per accertarmi che nessuno stesse guardando, ho tirato fuori
il mio iPhone e ho scattato una foto. Poi mi sono vergognata un po’
perché cose di questo tipo le fanno solo i turisti, e con quelli non si
vuole proprio essere scambiati dopo ventun anni a Venezia.
Da un lato. Ma dall’altro sono i momenti in cui la città osa ancora
mettere a nudo la propria anima, cosa divenuta rara anche per i
veneziani. Ed ecco un battello carico di sacchi di biancheria sporca
irrompere nel dipinto distruggendo l’acquarello con le sue onde di
prua. Quando mi sono voltata il mio sguardo è caduto su un cestino da
cui fuoriusciva carta di giornale, quella con la quale i venditori
africani imbottiscono le loro Louis-Vuitton false. Lì accanto era
accatastata una montagna di bottiglie vuote che rotolavano sul
lastricato al minimo soffio di vento. Ogni turista arriva qui già con la
sua bottiglia d’acqua minerale, cosa che quindi al comune di Venezia ha
fatto venire l’idea commerciale di firmare un importante contratto con
la Coca-Cola che consente al gruppo industriale di collocare in
esclusiva distributori automatici di snacks e bibite alle fermate dei
vaporetti. Di recente agli approdi si trovano appesi anche manifesti
dell’azienda di trasporto veneziana, sui quali è possibile leggere: «Ora
Venezia costa meno. In vendita qui.» La situazione non potrebbe essere
descritta meglio di così. Questa città sta diventando un banco delle
occasioni. Palazzi barocchi, gioielli rinascimentali, isole intere: è
tutto in vendita.
Il cuore delle tenebre pulsa a Ca’ Farsetti, il municipio di Venezia,
un palazzo nobiliare in stile veneziano-bizantino. Qui domina da due
decenni la stessa casta politica della sinistra democratica, il cui
pensiero unico è «fare cassa». Da quando Massimo Cacciari, per molti
anni «sindaco filosofo» vezzeggiato dai media, vide il futuro di Venezia
nella privatizzazione, il municipio veneziano viene chiamato anche «Ca’
Farsetti Real Estate». Cacciari ha condizionato a lungo il destino
della città – con interruzioni dal 1993 fino al 2010 – ed è stato
deleterio per Venezia quanto lo è stato Berlusconi per l’Italia. L’ex
comunista era da poco al potere quando scoprì le benedizioni del mercato
libero tendendo, come tutti i convertiti, agli estremismi, e questo da
ogni punto di vista.
Una volta mi ricevette in municipio per un’intervista in un salone
stile rococò dalle tinte verde pistacchio e rosa cipria. Quando con lo
sguardo basso gli domandai cosa intendesse fare contro l’esodo dei
veneziani e la trasformazione di Venezia in un gigantesco hotel di
lusso, ci mancò poco che mi lanciasse fuori dalla finestra. Erano tutte
cazzate!, urlò sebbene non avessi ancora espresso completamente ciò che
realmente pensavo, ossia che per quanto riguarda i politici i veneziani
possono pure estinguersi quanto prima. In fondo sono i soli che ancora
protestano contro la speculazione edilizia. Avevo appena finito di
pronunciare l’orrenda parola «esodo», che subito Cacciari cominciò a
comportarsi come un pazzo furioso. Si trattava di un fenomeno
riscontrabile in tutte le città! Nessuno si lamentava che il centro
storico di Milano si fosse spopolato, esattamente come quello di Roma o
Parigi! Gli abitanti del centro storico sarebbero stati spinti verso la
periferia della città! Era assolutamente normale e solo a Venezia ci si
lamentava di questo! Quando domandai se non fosse rischioso definire
Venezia solo un centro storico anche in virtù del fatto che, secondo me,
i centri storici di Milano, Roma e Parigi non si trovavano nell’acqua e
che a Venezia non ci si poteva mettere in auto alla ricerca di un
panettiere o di un fruttivendolo, diede uno spintone ad una poltroncina
rococò gridando: la natura umana è fatta di merda! Non possiamo bloccare
la città!
Prima che riuscisse a spingermi fuori dalla stanza, raccolsi tutte le
mie forze e tenendomi saldamente ai lati della porta chiesi: e cosa ne
sarà del Fondaco dei Tedeschi, la posta centrale? Resta così o diventa
un hotel pure questo? Al che Cacciari urlò: lo difenderò con i denti!
Costa 50 milioni di euro e altrettanto la ristrutturazione! Ed è già
stato inserito nel piano regolatore come struttura alberghiera! E chi
altri spenderebbe così tanti soldi per un edificio che non si può
toccare?
Probabilmente le trattative con Benetton erano già concluse allora.
Recentemente il Fondaco dei Tedeschi, l’ex approdo commerciale dei
tedeschi, è stato venduto all’imprenditore per 53 milioni di euro.
L’edificio rinascimentale ora non diventerà un hotel, ma un centro
commerciale. Cosa di cui ora Venezia ha bisogno come di sabbia in un
deserto.
Ai Benetton apparteneva già, fino a poco tempo fa, l’Isola di San
Clemente, che hanno trasformato in hotel di lusso e poi rivenduto
proficuamente, è di loro proprietà il teatro rococò ”Ridotto”,
trasformato in una sala da pranzo dell’albergo dei Benetton “Monaco” e
pure la stazione con l’edificio della società delle ferrovie. Per questo
motivo oggi Venezia è soprannominata anche «Benettown».
I veneziani pertanto non si stupirono affatto quando il sindaco
Cacciari e il suo assessore all’urbanistica Roberto D’Agostino
all’improvviso diramarono la necessità di un nuovo ponte: il ponte di
Calatrava, che fa confluire il flusso dei turisti dalle autorimesse del
parcheggio di Piazzale Roma direttamente davanti all’edificio
ferroviario di Benetton, che sta per essere trasformato nell’ennesimo
centro commerciale. Il ponte per la stazione di Benetton fu presentato
come un regalo dell’architetto spagnolo Calatrava, un affare da 3,6
milioni di euro. Ma l’architetto commise errori di calcolo nella
progettazione, cosa che portò a problemi di stabilità e alla fine il
ponte venne a costare 11,6 milioni di euro, sbugiardando il tanto
proclamato annuncio dell’assessore all’urbanistica di regolare il flusso
dei turisti grazie al ponte. Tant’è vero che oggi sul prezioso ponte di
vetro non si possono nemmeno trascinare trollies o carrellini della
spesa.
In seguito Cacciari l’ho incrociato qualche volta per strada.
Entrambi ci comportavamo come se non ci fossimo mai visti. Alla fine
della nostra intervista mi aveva consigliato di farmi una bella
passeggiata in piazza San Marco. I politici locali a Venezia immaginano
sempre che i giornalisti stranieri vengano lanciati su Venezia come
paracadutisti per scrivere smielati réportages turistici, dai quali
emerge un’immagine della città piena di «visioni urbane futuristiche» e
«bar cult nostrani» e non piena invece di turisti che si trascinano
dietro valigie grandi come congelatori. L’ex assessore all’urbanistica
Roberto D’Agostino, ora presidente di Arsenale spa, ama dettare
direttamente sul notes dei giornalisti di passaggio che l’unico problema
di Venezia sono i veneziani ingrati, perché hanno rifiutato gli sforzi
di modernizzazione della città restando insensibili allo slogan di
Cacciari: «dimenticare Thomas Mann!» Anche a me una volta cercò di
spiegare che Venezia non stava morendo, ma che semplicemente prima era
sovrappopolata. Non poteva sapere che oltre a descrivere la vita degli
ultimi veneziani da due decenni, la condividevo anche.
Non lontano dal ponte di Rialto, a Campo San Bartolomeo, un contatore
luminoso nella vetrina della farmacia Morelli mostra il numero dei
veneziani rimasti, stamattina era a 58 765. Quando arrivai qui vent’anni
fa erano 20 000 in più, ma sempre tre volte meno che negli anni
Sessanta. Su 58 765 veneziani che restano arrivano quotidianamente 83
000 turisti. Questo non dà la cifra propagandata di 22 milioni di
visitatori all’anno, ma piuttosto 30,3 milioni. Un numero stimato e
pubblicato da Italia Nostra, associazione per la salvaguardia dei beni
culturali e dell’ambiente e taciuto dalla città di Venezia come fosse un
segreto di stato. Sarebbe controproducente. Niente disturba di più i
turisti quanto altri turisti.
Mentre i veneziani si sono trasferiti sulla terraferma in alloggi a
prezzi abbordabili, la vita quotidiana veneziana è evaporata come una
pozzanghera al sole. Prima dal panettiere in via XXII Marzo della
Frezzeria faticavo ad avere la meglio sulle nonne veneziane che si
facevano largo con destrezza, oggi sono spariti sia il fornaio veneziano
che le nonne. Prima bastava evitare Piazza San Marco e il Ponte di
Rialto o deviare intrufolandosi nelle calli, “tagiar per le fodre”,
scivolare per le fodere, come dicono i veneziani. Dopo le sette di
sera quando i turisti pendolari avevano lasciato la città, regnava la
pace. Ma oggi si sono scoperti anche quartieri lontani come Sant’Alvise.
Un terzo delle abitazioni veneziane sono case per le vacanze che
vengono affittate in nero. Nel nostro palazzo mi imbatto ogni giorno in
visi sconosciuti, una volta una famiglia russa, una volta una coppia
inglese o una coppia gay francese, che si trasferiscono qui a Venezia
per tre giorni e si comportano come se vivessero qui da decenni. E ai
quali cerchiamo di spiegare con post-it in inglese, tedesco e francese,
che si devono occupare autonomamente dei loro sacchetti di immondizia e
non aspettarsi che li riponiamo noi nel vicolo al mattino.
Il mio venditore di formaggi di Calle della Mandola ora vende gelati,
il macellaio vetro di Murano, il panificio adesso appartiene al
gioielliere Bulgari. Numerosi bar e ristoranti se li sono accaparrati i
cinesi e nei vicoli intorno a Campo San Luca c’è un loro negozio di
borse dietro all’altro.Di recente i cinesi si sono messi ad acquistare
palazzi interi, ad esempio Palazzo Gradenigo e Palazo Diedo per
costruire al loro interno centri commerciali. A Venezia non esistono più
le redazioni dei quotidiani. «Il Gazzettino» ha venduto il suo Palazzo
ad una banca e si è trasferito a Mestre, il piccolo quotidiano «Nuova
Venezia» mantiene solo un ufficio nel quartiere di San Lio, la
redazione locale della RAI sarà presto trasferita sulla terraferma e si
sta facendo pubblicità alla vendita di Palazzo Labia, dove si trovava
la sua sede. La chiusura incombe anche sull’ospedale veneziano. Una
volta assistetti a due turisti che una sera si precipitarono senza fiato
in una libreria, chiedendo del modo più veloce per tornare sulla
terraferma. Il libraio spiegò loro la strada per Piazzale Roma
proponendogli di prendere un vaporetto, anziché andare a piedi, visto
che in fondo arrivano fino a Piazzale Roma. A quel punto i due
domandarono: ma come? Venezia non chiude la sera?
Ma il turismo non ha reso ricca Venezia, l’ha impoverita.Qui si
arricchiscono solo i marchi di lusso che in Piazza San Marco si fanno
pubblicità su manifesti grandi come piscine olimpioniche. Ma in quale
altro luogo esiste uno showroom visitato da 30 milioni di persone ogni
anno? Venezia vive in una permanente vendita. Solo negli ultimi
cinque-sei anni un centinaio di palazzi storici sono stati trasformati
in alberghi di lusso. Palazzo Ca’ Corner della Regina, in stile tardo
barocco, Prada lo acquistò dalla città per 40 milioni di euro insieme
alla piccolissima variazione al piano regolatore che permette
l’utilizzo del palazzo non solo come showroom per le creazioni di Prada,
ma anche dal punto di vista commerciale, costruendo quindi al suo
interno bar, ristoranti e almeno una boutique Prada. Almultimiliardario
imprenditore di beni di lusso francese François Pinault è stato dato
in affitto Palazzo Grassi, in cui espone la sua collezione accrescendone
così il valore; anche Punta della Dogana, l’ex magazzino doganale della
città, gli è stato dato in concessione a titolo gratuito per 30 anni.
Il mulino Stucky, il più importante monumento industriale di tutta
Venezia, è stato venduto a Caltagirone, l’imprenditore siciliano di
recente arrestato per truffa, con l’obiettivo dichiarato di farvi
sorgere appartamenti nuovi per i veneziani. In realtà il mulino Stucky è
stato trasformato – con l’interruzione provocata da un piccolo incendio
doloso – in struttura alberghiera con annesso centro congressi.
In una città che come nessun’altra ha così tanti visitatori, i
politici locali sono riusciti comunque ad accumulare 400 milioni di euro
di debito. Un capolavoro, considerato che solo i biglietti per il
vaporetto costa 7 euro. Le sovvenzioni che partono da Roma vanno a
finire esclusivamente nella costruzione del Mose, il sistema di dighe
mobili. Il consorzio Venezia Nuova, sordo alle proteste degli enti di
tutela dell’ambiente e del patrimonio, è riuscito a pubblicizzare con
brochure patinate e voli in elicottero per giornalisti accomodanti, il
suo controverso progetto e a realizzarlo. Del fatto che dietro al
Consorzio Venezia Nuova non si nasconda altro che un gruppo di
imprenditori edili del nord Italia, come se il guardiacaccia fosse
diventato il bracconiere (e senza gara pubblica), qualcuno sembra
essersene accorto solo una volta presentato il conto: 5,50 miliardi di
euro di costi di costruzione e 30 milioni all’anno per la consegna di
una diga che non cambierà nulla per quanto riguarda le cause dell’acqua
alta, ma che invece trasformerà la laguna di Venezia in una cloaca.
Gli imprenditori
arricchiti con fondi pubblici hanno un unico problema: investire i loro
soldi nel modo migliore possibile. Così ora l’immobiliare Est Capital,
dietro alla quale si nascondono un ex assessore alla cultura veneziano e
un imprenditore arricchitosi grazie al sistema di dighe mobili Mose, ha
comprato anche il Lido. Non soltanto gli storici Hotel des Bains ed
Excelsior e il forte di Malamocco, che diventeranno presto hotel con
annesse case-vacanza, ma anche l’ospedale del Lido, in cui sarà creato
un complesso alberghiero. Ma il boccone più ghiotto è la Marina Grande
di Venezia, un porto turistico con oltre mille posti barca. La
costruzione di quest’isola artificiale delle dimensioni della Giudecca è
già stata approvata dal comune di Venezia, proprio come il parcheggio
per almeno 500 posti-auto insieme al nuovo accesso alla strada.
Questa città è candidata alla morte, dicono gli attivisti delle
organizzazioni ambientali del Lido, tre uomini anziani seduti al bar
Belvedere come villeggianti che si godono l’ultimo sole della sera
pensando alla cena. Ma che in realtà organizzano manifestazioni di
protesta, dimostrano, contestano.
In confronto a Cacciari, notoriamente collerico, il suo successore,
l’attuale sindaco Giorgio Orsoni, agisce in modo quasi razionale. Nel
2010 Orsoni non emerse dal nulla, ma da un’impressionante sovrabbondanza
di incarichi:è statoassessore al patrimonio e rapporti istituzionali
della città e ha ricoperto 19 incarichi a Venezia, da quello del
Rotary Club fino
alla carica di procuratore per la gestione e l’amministrazione del
patrimonio del patriarcato veneziano e della Chiesa di San Marco. Ma il
suo narcisismo si dissolse quel fine giornata del 2011 in cui provò a
rifilare ai veneziani la vendita a Benetton del Fondaco dei Tedeschi
come una vittoria. In una città dove non si può nemmeno piantare un
chiodo sul muro senza il permesso delle Belle Arti, dove per una licenza
edilizia bisogna aspettare decenni e dove hanno persino vietato l’uso
di teli in plastica per proteggere dalla pioggia invernale la terrazza
all’aperto dei ristoranti al Ponte di Rialto pena la chiusura, i
veneziani hanno reputato spudorato che l’ufficio per la tutela delle
Belle Arti abbia approvato la riconversione dell’edificio rinascimentale
in un centro commerciale.Tempi duri per il primo cittadino. Per gli
italiani è stato come liberarsi per la prima volta da quel letargo in
cui si sono trovati per decine d’anni.
Hanno protestato i comitati cittadini del Lido che non vogliono
arrendersi alla vendita e il console francese, che vive a Venezia da un
quarto di secolo, ha definito il turismo a Venezia una barbarie, il
Carnevale come l’Oktoberfest e i politici locali dei guitti.
L’associazione cittadina “40 x Venezia” ha organizzato incontri di
discussione e il movimento cittadino 5 Stelle, entrato nel consiglio
comunale due anni fa, ha fatto ciò che lo ha portato ad essere
considerato il problema più spinoso del municipio veneziano: fare
domande. «Ci temono per via del controllo», dice Marco Gavagnin, che con
i suoi collaboratori ha il suo ufficio in una sorta di ripostiglio di
Ca’ Farsetti. Da qui raccontano su blogs e su Youtube come spariscono i
fondi pubblici di Venezia, cosa che guasta un po’ il buonumore in
municipio dove, proprio come nel Parlamento italiano, da decenni
politici di destra e di sinistra tengono le mani in pasta indisturbati e
in perfetta armonia.
E poi c’è Italia Nostra, l’ “Associazione Nazionale per la tutela del
Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione”, una società
senza fini di lucro che ha presentato al procuratore una denuncia
contro la riconversione del Fondaco dei Tedeschi progettata da Benetton.
Accusa la città di Venezia di non avere alcun progetto, né per la
gestione del turismo di massa, né per la conservazione dei monumenti.
Italia Nostra a Venezia è rappresentata da Paolo Lanapoppi, un docente
universitario di lingua inglese in pensione che vive in un minuscolo
appartamento nei pressi dell’arsenale, in una casa con i classici
problemi veneziani di stabilità, per cui bisogna stare attenti quando si
appoggiano i piedi sulle piastrelle in cucina.
Paolo Lanapoppi osserva dalla finestra il tranquillo Campo della
Chiesa di San Martino che nella luce del mattino sembra ricoperto di
polvere dorata. Per costringere le comitive turistiche a prenotare una
visita a Venezia Lanapoppi documenta sulla homepage di Italia Nostra le
occasioni mancate per la rinascita di Venezia. Rilanciare l’area
dismessa dell’arsenale, l’ex cantiere navale della Repubblica Veneta,
con allestimenti scientifici, tecnologici e culturali. Non puntare su
un porto per navi da crociera e portacontainer che preveda posti di
lavoro solo per gruisti,
ma puntare su tecnologie del futuro. Bonificare l’ex zona industriale
di Marghera insediandovi aziende di biotecnologie e nanotecnologie,
invece che lasciare la zona nelle mani delle solite compagnie
petrolchimiche che hanno già inquinato il terreno. Spazzar via i
megaprogetti come la costruzione della Sublagunare, una metropolitana
sommersa per l’aeroporto che servirebbe esclusivamente a politici e
imprenditori. Bloccare la svendita di Venezia. «Siamo a un punto di
svolta», dice Lanapoppi. «Se non succede nulla ora, Venezia è
definitivamente morta.»
Nessun altro tiene d’occhio le iniziative di Italia Nostra con
maggiore attenzione del sindaco Giorgio Orsoni, almeno per quanto
riguarda la rapidità con cui sporge querela. Cosa che, in quanto
avvocato, fa con una certa routine: il suo studio legale non rappresenta
soltanto gli interessi della città di Venezia, ma anche quello di
alcune famiglie di imprenditori del nord Italia, cosa che di per sé
contiene un certo conflitto di interessi, soprattutto se queste ultime
sono a Venezia in cerca di acquisti. Anche la Est Capital ha inutilmente
denunciato tre ambientalisti del Lido. Il giudice, una donna, ha
respinto la querela ribadendo il diritto dei cittadini di criticare i
grandi progetti «anche in modo grossolano».
Quella tranquilla mattina in cui fotografai il Canal Grande con il
mio iPhone comprai, come d’abitudine, il giornale dal mio edicolante
brontolone in Campo Sant’Angelo. E stentavo a credere ai miei occhi.
C’era scritto che il Ministero dei Beni Culturali a Roma aveva
dichiarato nulle e invalidato le autorizzazioni ai progetti di
riconversione del Fondaco dei Tedeschi di Rem Koolhaas, insieme alla
scala mobile, la terrazza sul tetto con vista su Venezia, la terrazza
galleggiante sul Canal Grande. Cosa che comporterebbe per la città di
Venezia una mancia da 6 milioni di euro con cui edulcorare la garanzia
prestata ai Benetton di avere i permessi nel tempo record di un anno.
Forse c’è ancora speranza? Mentre percorrevo il vicolo verso casa, così
stretto che ci si scontra sempre con chi viene in direzione contraria,
ci è mancato poco che abbracciassi un turista.
[Articolo originale "Ach, Venedig!" di Petra Reski]
|
VENEZIA
VAL BENE UNA MOSTRA
In
cambio dei fondi per il palazzo del Cinema via libera al progetto per
il nuovo Lido: abitazioni e la darsena più grande d'Europa. Tutto con
il metodo Grandi Eventi. Appalti ai soliti noti e a un prezzo di favore
DI
GIANFRANCESCO TURANO
I
metodo Grandi Eventi ha fallito ma non è finito. L'uscita di scena
della Cricca e del re della Protezione Civile, Guido Bertolaso, i
disastri alla Maddalena o a Firenze non sono bastati. La sera del 30
dicembre, mentre l'Italia si interrogava se puntare sul capitone o sul
cotechino con lenticchie, è stata rifatta la mappa del Lido di Venezia.
Progetti ad alto impatto sul sistema lagunare sono stati
LEGGI
TUTTO IL SERVIZIO
Stanziati altri 1.225
milioni di euro per il sistema di dighe mobili. Fondi interamente
gestiti dal Consorzio privato. Che riserva la maggioranza degli appalti
ai suoi soci
DI GIANFRANCESCO TURANO
I morbo infuria, il pan ci manca e lo Stato assegna altri
1.225 milioni di euro al Mose, il sistema modulare di dighe mobili che
dovrebbe salvare Venezia dall'acqua alta.
LEGGI TUTTO
IL SERVIZIO
Costruire
326 - Luglio 2010
ELEFANTI IN LAGUNA
Fulvio Bertamini
1- Le
trasformazioni di Venezia
2 - Questioni di
principio
“L’assoluta
specificità di
Venezia – afferma Edoardo Salzano – è costituita dal suo rapporto con
la laguna, in particolare fra trasformazione e natura, in cui la
città per secoli è stata maestra. Sotto questo aspetto è sempre stata
modernissima: l’attenzione all’ ambiente che ha mostrato la Repubblica
la rende un caso esemplare.
LEGGI
TUTTO L'ARTICOLO
Cosa resta del Lido di
Venezia
Filippo Maria Pontani
LEGGI L'ARTICOLO
PHILIPPE
RIDET
30.08.2011
Pour se relancer, la Mostra de Venise
mise sur son passé
a fine articolo la
traduzione automatica
Le
festival de cinéma commence mercredi 31 aoút sans le nouveau palais
attendu Venise Envoyé special I1 est toujours là, grand comme un
terrain de football, à quelclues mètres de la mer. Bàché de plastique
blanc, entouré de palissades pour le cacher à la vue des festivaliers
qui, à partir du mer- credi 3laoùt, assisteront à la 68' Mostra de
Venise. Ce trou où devaient s'élever les fondations du nouveau palais
du cinéma à gran- de capacité, un temps jugé indispensable à la survie
de la manifestation, a fait coulerbeaucoup d'encre et englouti plus de
3o millions d'euros, alors que le budget total prévu pour l'édifice
avoisine roo millions d'euros. Après deux ans d'excavations, les
travaux sont désormais arré- tés, alors que le palais aurait dù sortir
de terre cette année, pour les 15oans de l'unité italienne. Tout est
allé de travers. La vente des terrains de l'ex-Ospedale al Mare, sur le
Lido, qui devait financer la construction, n'a rapporté que 6o millions
d'euros. L'amiante retrouvé dans le sous-sol où avaient été enfouies de
vieilles cabines de bain en matériaux Eter- nit a considérablement
alourdi les coOts. A quatre mètres de profon- deur, on en trouve
encore. Ventre-prise chargée des travaux, la Sacaim, est au bord de la
faillite. «A Venise, l'imprévisible est chez lui », philosophe un
conseiller du ministère de la culture. Mais ce trou béant était un
symbole un peu lourd. Symbole d'une administration locale et d'un Etat
imprévoyants. Symbole d'un festival incapable de se toumer vers le
futur pour faire face à la concurrence de Cannes, Berlin, Toronto.
Symbole aussi d'une Italie berlusconienne à la derive... Pour déjouer
les clichés, il a fallu les retourner comme peau de lapin. Paolo
Baratta, president de la Biennale, s'y emploie. Cet hom me jovial et
ironique, 72 ans, deux fois ministre, membre d'une quantité de conseils
d'administration et vigneron à ses heures dans le sud de la Toscane, a
decide de reprendre les choses en main. « En creusant un trou,
explique-t-il dans le vaporetto qui l'amène du siege de la Biennale, à
l'entrée du Grand Canal, jusqu'au Lido, nous avons retrouvé nos
origines. » « Repartons de l'histoire»: ce sera le leitmotiv de ce
vendredi 26 aoùt, où M. Baratta, accompagné du maire de Venise, Giorgio
Orsoni, a dévoilé à la presse les nouvelles installations de la Mostra
comme autant de signaux envoyés au monde du cinéma de la vitalité du
festival. Au lieu d'un nouveau palais, les festivaliers vont retrouver
une grande salle redécorée comme à l'époque de sa naissance en 1937 sur
les plans de l'architecte acousticien Luigi Qua-gliata : plancher en
h&tre brun, sieges de velours de lin beige et marron. En dix mois
et pour 3,8miIlions d'euros, tout a été remis dans son jus. «En Italie,
la restauration est un amusement. Nous avons ter lenient d'artisans qui
savent tout faire», s'amuse M. Baratta. L'année prochaine, ce sera au
tour de la sal-le de la Darsena (1400 places) de faire peau neuve
dans le mime esprit de retour vers le passé. «Nous avons moms besoin
d'un monument que de nouvelles salles», explique le patron de la
Biennale. L'amiante retrouvé dans le sous-sol où avaient été enfouies
de vieilles cabines de bain a alourdi les courts Et pour les fetes et
les cocktails d'après projection ? Aux tradition-nelles terrasses des
palais vénitiens s'ajouteront cette année de nouveaux espaces, comme le
salon et le restaurant du petit aéroport Nicelli, joyaux d'architecture
années 1930. Ou la cour de la caserne Pepe, construite au XVI' siècle
sur le lieu d'où partit, en 1202, la quatrième croisade... Quel
festival peut en faire autant? M. Orsoni, le maire qui a confié la
concession de ces nouveaux lieux à la Biennale, renchérit: «Nous ne
sommes pas restés assis à attendre notre nouveau palais. Ce sera la
Mostra de la vitalité retrouvée. Reste que le trou est toujours là,
cadavre encombrant, témoin des vieux rives de grandeur. Qu'en faire?
«Nous avons repensé le pro-jet», explique Vincenzo Spaziante,
commissaire extraordinaire du gouvemement pour la restructuration du
Lido. Et revu le vocabulaire, pourrait-on dire. Désormais, à Venise, on
ne parle plus de « palais du cinéma », mais de « palais des congrès ».
Si celui-ci voit le jour, il s'inscrira dans une vaste operation de
requalification du Lido, pour lequel le groupe d'investisseurs Est
Capital, base à Padoue, est prét à investir 1 milliard d'euros. Bouclé
par les touristes, qui préfèrent les parcours fléchés entre la place
Saint-Marc et le pont du Rialto, le Lido veut retrouver son prestige.
La restauration de l'Hotel des Bains témoigne de cette volonté. Seuls
deux étages de l'édifice conserveront une vocation hdtelière de luxe,
le reste deviendra une residence, où le prix des appartements qui ont
commence d'être mis en vente dépasse 15 000 euros le metre carré. Un
nouveau port de 500 places devrait &tre construit. «Tous les grands
festivals sont lies à des villes qui offrent ce genre de structure
d'accueil», explique M. Spaziante, à qui l'association écologique
Legambiente a remis son «drapeau noir », l'accusant de vouloir bétonner
le Lido. • Philippe Ridet
TRADUZIONE AUTOMATICA
Il festival del cinema
comincia Mercoledì 31 agosto, senza aspettare il nuovo palazzo Venezia
l'inviato speciale è ancora lì, grande come un campo di calcio, a
qualchei metro dal mare un foglio di plastica bianca, circondato
da recinzioni per nascondere le vista
dal festival che sarà presente il 68 Festival del Cinema di
Venezia. Questo foro dovrebbe sorgere
come fondamenta del nuovo palazzo del cinema di gran capacità, una
volta considerati essenziali per la sopravvivenza della manifestazione,
scritto molto inchiostro e travolto più di 30 milioni, mentre il budget totale per l'edificio intorno ai 100
milioni. Dopo due anni di scavi,
l'opera è ora al nodo, mentre il palazzo avrebbe dovuto essere fuori
dal terreno quest'anno per il 150 anno dell'unità italiana. Tutto è andato storto. La
vendita dei terreni nella ex Ospedale al Mare, al Lido, che era quello
per finanziare la costruzione, è stato di 6o milioni. L'amianto trovato nel seminterrato era stato sepolto
vecchie cabine materiali Eternit ha notevolmente aumentato la
pericolosità. A quattro metri di
profondità, si possono trovare ancora. Dolce
presa in carico del lavoro, la Sacaim, è sull'orlo del fallimento. "A Venezia, l'imprevisto è in casa", un filosofo,
consigliere del ministero della Cultura. Ma
questo buco era un simbolo un po 'pesante. Simbolo
di un governo locale e uno stato lungimirante. Simbolo di un festival all'altezza di Khartoum al futuro per
sostenere la concorrenza di Cannes, Berlino, Toronto. Simbolo dell' Italia di Berlusconi che va alla
deriva ... Per contrastare le immagini,
ci hanno messo di nuovo come la pelle di coniglio. Paolo Baratta, presidente della Biennale, che impiega: tale ronzio gioviale ed ironico, anni 72, due volte
ministro, membro di un certo numero di tavole e vignaiolo nel suo tempo
libero nel sud della Toscana, ha deciso di prendere le cose in mano. "Per scavare un buco, dice il traghetto che porta la
sede della Biennale all'ingresso del Canal Grande al Lido, abbiamo
trovato le nostre origini. "" Andiamo
indietro nella storia ": questo sarà il filo conduttore di questo
Venerdì 26 agosto, quando il signor Baratta, accompagnato dal sindaco
di Venezia, Giorgio Orsoni, ha presentato alla stampa le nuove
strutture della Mostra, come molti segnali inviati al il mondo del cinema della vitalità del festival. Invece di un nuovo palazzo, festivalieri si trova
una grande sala ristrutturata come al tempo della sua nascita nel 1937
su progetto dell'architetto Luigi Quagliata: 1° piano da poltrone di
velluto marrone lino beige e marrone. In dieci mesi e 3,8 milioni di € , tutto è stato
riportato al suo succo. "In Italia, il
cibo è divertimento. Noi artigiani indulgenti
che possono fare tutto ", ha divertimento Baratta. L'anno prossimo, sarà la volta della sala Darsena
(1400 posti) per l'immagine in minimo mente indietro nel tempo. "Noi non abbiamo bisogno di un monumento come nuove
camere", ha detto il capo della Biennale. L'amianto trovato nel seminterrato era stato sepolto case
antiche terme ha aumentato la breve e per feste e cocktail a base di
proiezione? Nel tradizionali terrazze
dei palazzi veneziani aggiunto nuovi spazi di quest'anno, come il
salotto e il ristorante piccolo aeroporto Nicelli, del 1930 gemme
architettoniche. O il cortile della
caserma Pepe, costruita nel XVI secolo sul luogo da cui partì nel 1202,
la quarta crociata ... Quello che un
festival può fare lo stesso? Sig.
Orsoni, il sindaco ha detto la concessione di questi nuovi luoghi alla
Biennale, ha aggiunto: "Noi non sedersi e aspettare il nostro nuovo
palazzo. Questa sarà la Mostra di rinnovata
vitalità. Eppure, il buco è ancora lì,
il corpo ingombrante, testimone di antiche rive di grandezza. Cosa fare? "Abbiamo
ridisegnato il pro-getto", ha detto Vincenzo Spaziante, Commissario
straordinario del govemo di ristrutturare il Lido. E recensione vocabolario, per così dire. Ora, a Venezia, non parliamo più di "palazzo del
cinema", ma di "congresso". Se va
avanti, sarà parte di una grande riqualificazione del Lido, dove il
gruppo di investitori è di fondamentale importanza, con sede a Padova,
è pronto a investire 1 miliardo di euro. Riccia
dai turisti, che preferiscono il percorso freccia tra Piazza San Marco
e Rialto, il Lido riacquisterà il suo prestigio. Il restauro del Hotel des Bains riflette questo impegno. Solo due piani dell'edificio manterrà un lusso
hdtelière vocazione, il resto diventerà un residence, dove i prezzi
degli appartamenti hanno cominciato a essere venduti supera i 15 000
euro al metro quadro. Un nuovo porto da
500 posti e dovrebbe essere costruito. "Tutti
i festival più importanti sono legati alle città che offrono questo
tipo di strutture di accoglienza", dice Spaziante, al quale la
Legambiente ha presentato la sua "bandiera nera", accusandolo di voler
concreta al Lido. • Philippe Ridet
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